lunedì 19 novembre 2012

Scopriamo il vero Carnaroli alla Riserva San Massimo

Buongiorno!

Ricordo ancora, sembrava una domenica di settembre qualunque, invece, è stata la domenica del riso e non di un riso qualunque. 
Siamo alla Riserva San Massimo, in un pomeriggio un po’ uggioso, in compagnia di Dino Massignani e di simpatiche blogger. 
Obiettivo della giornata è andare alla scoperta del vero riso Carnaroli. Macchina fotografica alla mano, saliamo su una jeep stile militare e ci facciamo guidare da Dino, il signore del riso
Doverosa una premessa. Nel decreto del 13 aprile 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, si parla della denominazione delle varietà di riso e delle corrispondenti varietà di riso per l’annata agricola 2011-2012. Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con il Ministero dello Sviluppo Economico, decreta (con la denominazione di vendita carnaroli si possono inserire altre varietà di riso ) varietà di riso, la loro ripartizione in gruppi e le caratteristiche di ciascuna varietà, con le indicazioni di tolleranza consentite e dei relativi limiti relative all’annata agraria 2011-2012. Qui si legge che il carnise precoce ed il karnak possono essere chiamati carnaroli. 
Ma questo non è il vero carnaroli. Il vero carnaroli lo si vede ad occhio, è alto con lunghe spighe (una spiga contiene circa 200 chicchi, questo fattore dell’altezza lo espone maggiormente a rischi atmosferici quali piogge e venti forti), è color nocciola, la biodiversità del posto contribuisce ad una crescita naturale, non viene concimato e il seme per la stagione successiva viene da loro prodotto e certificato dall’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette) e con l’Ente Risi effettuando una mappatura genetica che serve per la tracciabilità del prodotto, quindi è prodotto solo con sementi certificate (sempre dall’Ense) e non viene mai miscelato con altre varietà. Facile capire che la sua produzione è difficile e costosa. 
Dino ci spiega come il riso Carnaroli Riserva San Massimo viene prodotto in Lomellina sin dalla metà degli anni ’90. Siamo in circa 600 ettari di parco, in un paesaggio boschivo naturale, pieno di rogge, lanche (dove mangiano i germani e le anatre) e paludi (dove si può trovare la marsilea e le lenticchie d’acqua). Qui si alternano campi agricoli dove cresce il riso irrigato da acqua sorgiva, qui girano liberamente cerbiatti, fagiani e scoiattoli. Siamo in una delle più interessanti aree naturali del Parco Lombardo della Valle del Ticino, riconosciuta da 8 anni come SIC (sito interesse comunitario a protezione speciale). 
Nonostante il tempo incerto e qualche goccia che cade su di noi, abbiamo la fortuna di vedere in azione la raccolta del riso thai bonet. La mietitrebbia taglia e raccoglie le spighe, butta il riso sul trattore che lo porta al ciclo di essicazione. Il ciclo dura (in base ad umidità chicco) ventiquattro ore e vede il riso girare in continuazione. Una volta nell’essicatoio, con il ciclo di rotazione, si effettua l’essicazione dove uno sbalzo termico crea un contrasto che fa fuoriuscire l’umidità che deve essere sotto il 13% per poter essere pronto. Poi viene stoccato nei silos. Qualcuno lo commercializza subito, ma i vecchi saggi dicono di tenerlo almeno un mese ad invecchiare. Il ciclo produttivo del Carnaroli è più lungo, richiede circa 165 giorni.



Il riso Carnaroli è l’ideale per i risotti, tiene la cottura in maniera eccellente, ha una bassa callosità e una grande capacità di assorbire i condimenti e gli aromi.

Di ritorno a casa non potevo non provare il riso per cena...un bel risottino con gamberetti e pomodorini secchi.

Ingredienti:
280 gr riso Carnaroli Riserva San Massimo
olio evo
soffritto misto surgelato
gamberetti
pomodorini secchi Valgrì
vino bianco
brodo vegetale

Procedimento:
Soffriggere il misto carote, sedano e cipolla, aggiungere il riso e lasciare tostare.
Irrorare con il vino bianco e lasciar sfumare.
Aggiungere il brodo, i gamberetti e i pomodorini.
Portare a cottura.


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