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La scorsa settimana sono stata a Napoli. L'occasione è nata grazie alla prima edizione della Cuccuma week che si è tenuta dal 24 al 30 novembre, una rassegna di appuntamenti per celebrare il più antico modo di fare il caffè, una settimana per riassaporarne il piacere secondo l’antica tradizione e celebrare la storica caffettiera napoletana.
Il tutto si è svolto al Gran Caffè La Caffettiera di Piazza dei Martiri che rappresenta la sede dell'Ambasciata del Caffè Kimbo dove, nel corso dell’intera settimana, è stato possibile ammirare un’esposizione di stampe pubblicitarie d'epoca e partecipare a numerosi appuntamenti letterari, teatrali, cinematografici e soprattutto gastronomici.
Il tutto, con un unico filo conduttore: la Cuccuma, il bricco di rame con il quale si faceva il caffè non solo a Napoli, ma in tutta Italia, nel XIX secolo.
Sostituita dalla moka dalla seconda metà del 900 se ne erano quasi perse le tracce e sembrava che la Cuccuma fosse sparita dalle case e dalla memoria degli amanti del caffè. A farla tornare alla memoria ci ha pensato Guglielmo Campajola, il patron del Gran Caffè La Caffettiera.
"Possiedo quasi quattrocento pezzi alcuni dei quali acquistati ad aste a cifre pari a 500 € l'una. Sono quarantadue anni che la mia famiglia è in questa attività, a star dietro ai miei genitori ho respirato questa aria fin da bambino. Non avevo idea e voglia di fare questo lavoro, mi è stato imposto e, poco alla volta, mi sono reso conto che questa imposizione è stata la mia fortuna" spiega Campajola " "la cuccuma originale è in alluminio, un materiale povero. Ce ne sono di tutte le forme, materiali e funzionalità. Ce ne sono di tutte le ere e ognuna ha un ricordo legalo ala storia. Il caffè è per noi aggregazione e socializzazione già dagli anni '60 quando a Napoli era bevuto nei momenti di pausa, mentre al nord era completamento dei pasti".
La collezione di cuccume di Guglielmo Campajole |
Guglielmo Campajole |
Il primo a disegnare una cuccuma è stato l’architetto Riccardo Dalisi negli anni '70.
Cuccume disegnate da Dalisi |
Nel corso della Cuccuma week si sono svolti numerosi appuntamenti e Cuccuma Show, oltre alle visite di ospiti d’eccellenza come Akinari "Pasquale" Makishima, il pizzaiolo giapponese ambasciatore della cultura napoletana in oriente, che ha conquistato il titolo di “miglior pizzaiolo al mondo”.
Ma il clou della manifestazione è stato domenica 30 Novembre, quando c'ero io.
Tutti coloro che possiedono ancora una cuccuma in casa hanno potuta esporla sui tavoli dell’Ambasciata e sottoporla a una giuria, di cui facevo parte, che ha premiato quella conservata in modo migliore.
"La Cuccuma richiama l'aroma di Napoli" commenta Guglielmo Campajola "con il suo caffè dal sapore intenso e il colore "Manto di Monaco" come avrebbe detto Eduardo De Filippo. La kermesse nasce per condividere storia e passione per il caffè napoletano, dalla musica alla cinematografia, dall'architettura alle stampe pubblicitarie".
"L’interesse per la Cuccuma è sempre più grande, non solo in Italia ma anche all’estero" conferma Francesco Giordano, direttore export di Kimbo "la cuccuma contribuisce a ritualizzare il momento del caffè e ne esalta gli aspetti di convivialità. Il caffè non è solo un prodotto, è un piacere condiviso, per noi è “Kimbo Coffee Hour” e lo stanno imparando anche all’estero dove, grazie alla cuccuma (modificando le dosi), è possibile apprezzare anche un caffè lungo tipo filtro".
Le cuccume in gara erano undici: ve ne erano in bachelite, con chiusura ermetica molto particolare, con il corpo della macchina mono pezzo anni '50, a modi termos negli anni '60, di design anni '70-'80. Tutte particolari, belle e con una storia da raccontare.
Difficile decidere ma alla fine quella della signora Clementina ha avuto la meglio: una caffettiera antica trovata tra le cose della nonna. Ammaccata, con il manico rotto appeso per un chiodino, porta così il suo secolo e mezzo di vita. "Il mio trisavolo si sposò in età avanzata e ogni mattina questa caffettiera mancava da tavola. Insospettito controllò la moglie per vedere dove portava la cucina e scoprì che al posto del caffè dentro c'erano i marenghi d'oro che rubava a lui per portarli ai figli" ci racconta Clementina.